Graeber
L'utopia pirata di Libertalia
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La repubblica pirata di Libertalia forse non è mai esistita, ma le comunità che i pirati fondarono tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento in Madagascar furono da molti punti di vista esperimenti consapevoli di democrazia radicale. O meglio, esperimenti politici proto-illuministi che videro la partecipazione attiva delle popolazioni malgasce, donne comprese. Una storia di magie, incursioni navali, principesse rapite, reami inventati e ambasciatori fasulli che sta alla base della concezione moderna di libertà.
Se l'esistenza storica di Libertalia non è comprovata, la visione utopica che l'ha resa leggendaria testimonia di una pratica politica egualitaria che dai ponti delle navi migra sulla terraferma nei tanti insediamenti pirata presenti lungo la costa malgascia durante l'epoca d'oro della filibusta. Una pratica del tutto estranea all'ordine mondiale vigente, ma in sorprendente sintonia con le idee illuministe che vanno affermandosi nei Salons parigini e che in Madagascar si meticciano con la cultura locale, portando a un esperimento unico di Illuminismo pirata a guida malgascia. Una versione certo non convenzionale – anzi decolonizzata – di Illuminismo che rielabora in modo originale le sue idee di libertà e uguaglianza. Ed è grazie a questa ricostruzione storico-antropologica, capace di mettere assieme fatti accertati, immaginari sociali e pratiche etnografiche, che l'immagine del bucaniere sdentato che sventola la sua bandiera di rivolta in faccia al mondo non appartiene più solo alla mitologia della filibusta ma diventa, al pari di Voltaire, una figura iconica dell'Illuminismo, anche se non è nata nei circoli intellettuali europei ma nei covi pirata e nei villaggi indigeni del Madagascar.