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Cipriano

La fabbrica della cura mentale

copertina

Cartaceo 16,15 €

Sin dalla prima volta che ho messo piede in un reparto psichiatrico, ho sempre pensato che quello a cui assistevo fosse una cosa da pazzi. La fascia, la fune, la corda… noi psichiatri non dobbiamo più includerle tra i nostri strumenti. Anche se fossero le uniche armi a nostra disposizione dovremmo comunque bandirle, e operare disarmati.

Nonostante siano passati oltre quarant'anni dall'approvazione della legge che avrebbe dovuto sancire il superamento definitivo della barbarie manicomiale, Piero Cipriano – psichiatra riluttante, come si definisce – ci racconta in presa diretta cos'è oggi un Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura. Grazie al suo sguardo impietoso, quei luoghi che avrebbero dovuto garantire una gestione umana ed efficace delle crisi psichiatriche ci appaiono invece come le nuove roccaforti di una rinata «cultura manicomiale» in cui il potere del sano sul malato è ancora gestito in modo arbitrario e burocratico. Con alcune notevoli differenze rispetto al passato: se il manicomio tradizionale ricordava un campo di concentramento, l'attuale SPDC ricorda piuttosto una fabbrica, dove il primario è il direttore, lo psichiatra il tecnico specializzato addetto alla catena di montaggio umana e il malato la macchina biologica rotta da aggiustare. E quando il farmaco non basta, ecco che tornano le fasce: proprio come nei vecchi manicomi.

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