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Cennevitz

Verrà il giorno, le origini del Primo Maggio

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Cartaceo 17,10 €

Chicago, penitenziario di Cook, 11 novembre 1887. La macabra processione che scorta i condannati al patibolo fa la sua comparsa in perfetto orario. Gli astanti bisbigliano eccitati: lo spettacolo sta per cominciare. Quattro cappi pendono in attesa di Spies, Fischer, Engel e Parsons. Linggs si è ammazzato la sera prima per non dare questa soddisfazione al boia. Appena prima che la botola si apra, Spies spezza quell’attesa complice: «Verrà il giorno in cui il nostro silenzio sarà più potente delle voci che voi oggi soffocate! ». E aveva ragione: il loro silenzio risuona ancor’oggi, potente.

La «festa» del Primo Maggio nasce così: su un patibolo eretto davanti a un pubblico scelto di autorità cittadine e grandi industriali. Siamo nella Chicago di fine Ottocento, nella cosiddetta Gilded Age, l’epoca «d’oro» della società americana. O almeno così la definisce quella ristretta élite industriale che si è selvaggiamente arricchita a scapito di milioni di lavoratori immigrati. Per questi ultimi, è piuttosto l’epoca della lotta per le otto ore e della tubercolosi, l’epoca di «piombo» in cui la Pinkerton spara impunemente contro i picchetti operai. Ed è sullo sfondo di questa feroce guerra di classe scatenata da Stato e Capitale che scorrono gli eventi tumultuosi che portano alla nascita del Primo Maggio. Ma in questo racconto quasi in presa diretta, a essere restituiti alla memoria non sono tanto i fatti storici quanto i suoi protagonisti in carne e ossa: quei semplici militanti operai che non aspiravano affatto a diventare santi o martiri, ma che al contempo non intendevano neppure rinunciare alle proprie convinzioni. O meglio, alla propria dignità. Fino a farsi ammazzare su quel patibolo che ha cambiato la storia.