Keller
Sul ponte del Titanic
Cartaceo ESAURITO
Domenica 14 aprile 1912, ore 23,40, oceano Atlantico. Il marinaio di vedetta Fleet telefona con urgenza al ponte di comando: «Iceberg davanti a dritta, signore». «Grazie» risponde flemmatico il sesto ufficiale Moody.
Nonostante siano passati cento anni, il naufragio del Titanic, avvenuto il 14 aprile 1912, continua ad alimentare il nostro immaginario. Da tragedia dei mari (tra le tante avvenute, e anche più drammatiche), si è trasformata in mito. Perché? Quali sono stati gli elementi peculiari che hanno consentito di imprimere indelebilmente nella memoria collettiva questo evento? Indubbiamente il disastro del Titanic, «il più grande e lussuoso piroscafo mai costruito», ha messo a nudo quel senso di onnipotenza che caratterizzava all'epoca una tecnologia trionfante apparentemente priva di limiti. Ma alla costruzione del mito ha certamente concorso anche la grande copertura giornalistica dell'evento, che per la prima volta è riuscita a spettacolizzare una tragedia a livello mondiale. E forse a tener vivo il ricordo è stato anche il modo anomalo, quasi teatrale, in cui è avvenuta la catastrofe, non rapida e tumultuosa come ci si aspetterebbe, ma irrealmente segnata dal silenzio, dalla lentezza, dall'immobilità. Lo raccontano i sopravvissuti, sui cui ricordi si forma l'intreccio narrativo con il quale l'autore cerca di ricostruire l'avvenimento per comprendere il perché del mito e della sua sorprendente sopravvivenza sino ai giorni nostri, sino al nostro immaginario. Non sarà perché, che lo si percepisca o no, oggi ci sentiamo tutti sul ponte del Titanic?