Giacopini
No-global tra rivolta e retorica
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Il rifiuto della globalizzazione è diventato uno schermo ideologico che nasconde una verità più estrema. Da Seattle a Genova, un linguaggio della protesta imprevedibile e irriverente ha finito per dimostrare che la politica tradizionale è finita, si è trasformata in una cerimonia. Il re è nudo. Governi, partiti, istituzioni internazionali, non contano più niente. A Seattle, per la prima volta dopo decenni, si è risentita una voce che sembrava spenta. La voglia di ribellarsi ha introdotto qualcosa di "nuovo" nel mondo. Ma sono trascorsi solo due anni e già sembra trascorsa un'eternità. Il "movimento" libertario e spontaneo nato nelle strade e nelle piazze di Seattle è diventato il protagonista più interessante della politica mondiale. Però il suo successo ha avuto un prezzo. È diventato di moda e le mode si pagano. Si è istituzionalizzato in gruppi e in forum parasindacali. I suoi slogan si sono fatti troppo scontati. Controsummit e manifestazioni in piazza hanno cominciato a obbedire alla logica vuota di una coazione a ripetere e a vecchi modelli politicistici. La carica liberatoria ed eversiva di Seattle si è trasformata nella triste débacle di Genova.