Prefazione a Il pensiero meticcio
Libro
Il pensiero meticcio
Laplantine, Nouss
Cartaceo 13,30 € E-book 4,99 €
mer 17 lug 2024
INDICE DEL LIBRO:
Prefazione
PARTE PRIMA
Un mondo meticcio
PARTE SECONDA
Per un pensiero meticcio
APPENDICI
Nella parola francese métissage (meticciato) si trova, con fantasiosa etimologia (d’altra parte, il meticciato è gioioso quando viene valorizzato), tissage, ovvero tessitura, lavoro del tempo e del molteplice. Il termine métis (meticcio), proveniente dal latino mixtus, che significa «mescolato», compare per la prima volta in spagnolo e in portoghese in epoca coloniale (così come le parole «mulatto», «creolo», «sanguemisto»). Tuttavia, la nozione prende forma nell’ambito della biologia per designare gli incroci genetici e la produzione di fenotipi, ossia di fenomeni fisici e cromatici (il colore della pelle) che serviranno come supporto alla stigmatizzazione e all’esclusione.
La prima questione posta dal meticciato è quella dello spostamento e dell’estensione di questa nozione al di fuori della disciplina (la biologia) nella quale si è costituita. Se da una parte sembrerebbe ormai accettata dalla linguistica (le lingue creole) e dallo studio delle religioni, dall’altra il suo ingresso nel campo antropologico è assai più timido (gli incroci culturali), come pare esitante in campo artistico (per designare, ad esempio, il barocco), fino a divenire problematica, e per alcuni addirittura inaccettabile, nel dominio della scienza e dell’epistemologia.
L’ambizione di questo libricino è di contribuire a trasformare questa nozione in concetto, anzi in paradigma, e di mostrare non solamente la sua legittimità, ma anche la sua pertinenza in ambiti estremamente diversificati. Il meticciato non è mai solamente biologico, ed esiste solo in riferimento ai discorsi che si tengono su tale nozione – che oscillano fra il rifiuto puro e semplice e la rivendicazione – e ai valori egemonici dominanti di identità, stabilità e anteriorità.
Il meticciato, se malinteso, implicherebbe l’esistenza di due individui originariamente «puri» o, più in generale, di uno stato iniziale (razziale, sociale, culturale, linguistico), di un insieme omogeneo, che a un certo punto avrebbe incontrato un altro insieme, dando così luogo a un fenomeno «impuro» o «eterogeneo».
Il meticciato invece si contrappone alla polarità omogeneo/eterogeneo. Si presenta come una terza via tra la fusione totalizzante dell’omogeneo e la frammentazione differenzialista dell’eterogeneo. Il meticciato è una composizione le cui componenti mantengono la propria integrità. Basti questo a esprimere tutta la sua pertinenza politica nei dibattiti sociali odierni (razzismo, integrazione, nazionalità, ecc.).
Se il meticciato è sempre esistito su uno sfondo di anti-meticciato (come il viaggio e la scoperta del molteplice su uno sfondo di sedentarietà e di valutazione a partire dal medesimo), cioè di un pensiero che privilegia l’ordine e l’origine, ci proponiamo qui di mostrare che le categorie di mescolanza, miscela, assemblaggio sono insufficienti, anzi inadeguate a renderne conto, poiché esse suppongono ancora l’esistenza di elementi ontologicamente e storicamente primari che si sarebbero incontrati accidentalmente per produrre qualcosa di derivato.
L’esatto opposto del meticciato non è solamente il semplice (concretamente, la semplificazione), il separato (la separazione), il chiaro e il distinto (la chiarificazione e la distinzione), la purezza (la purificazione) della lingua, del territorio, della memoria, ma anche la totalità, o più precisamente la totalizzazione che introduce il compatto, l’essenza e l’essenziale nel pensiero. Si tratta di mettere in discussione una certa concezione dell’universalismo, fatta di standardizzazione, di livellamento e di uniformità, che conduce a una banalizzazione dell’esistenza. È anche ciò che si chiama sincretismo. Ad esempio, una sovrabbondanza di divinità accatastate l’una sull’altra. Se ne aggiungono sempre di più finché non si va in overdose. Il kitsch, il patchwork, il melting-pot, la New Age, la cucina internazionale sono l’esatto contrario del meticciato. Quest’ultimo presuppone non il pieno e il troppo pieno, ma anche il vuoto, non solamente attrazioni ma anche repulsioni, non esclusivamente congiunzioni ma anche disgiunzioni e alternanze. Il meticciato non è la fusione, la coesione, l’osmosi, bensì il confronto e il dialogo.
Quando il sincretismo procede all’abolizione delle differenze attraverso addizioni, aggiunte e innesti, invece che mediante sottrazioni e ablazioni come il purismo, è all’opera la stessa violenza che riduce all’unità, lo stesso processo di integrazione in un tutto omogeneo e indifferenziato. Il molteplice si ritrova vinto, in quanto ormai assorbito nell’uno.
A nostra conoscenza, non esiste alcuna opera sul meticciato in quanto tale; ciò è dovuto senza dubbio al fatto che si tratta di un fenomeno eminentemente diversificato e in continua, perpetua, evoluzione. Sfuggendo a ogni stabilizzazione, non giungendo mai al termine, scoraggia ogni tentativo di classificazione.
L’unica grande regola del meticciato è l’assenza di regole. Non è possibile alcuna anticipazione, alcuna previsione. Ogni meticciato è unico, particolare, e traccia il proprio divenire. Ciò che nascerà dall’incontro rimane sconosciuto. Una ragione in più per proporne innanzi tutto uno sforzo di comprensione, senza cercare di erigere tipologie.
Non meraviglia, infine, che quest’opera sia frutto di un lavoro a quattro mani. E non dimentichiamo – in piena logica meticcia – che un libro è fatto dai suoi lettori tanto quanto dai suoi autori.