Sabotaggio «Prendere di mira l'industria del cemento è più che legittimo»
Libro
Cemento. Arma di costruzione di massa
Jappe
Cartaceo 17,10 € E-book 7,99 €
mar 04 lug 2023
Il 5 giugno, alcuni attivisti accusati di aver danneggiato un cementificio della Lafarge sono stati arrestati dalle brigate antiterrorismo. Secondo il filosofo Anselm Jappe, questa reazione riflette il nervosismo dello Stato.
Reporterre – Il 5 giugno, le brigate antiterrorismo francesi hanno arrestato una quindicina di attivisti che, secondo la polizia, avevano danneggiato un cementificio Lafarge nella regione delle Bouches-du-Rhône. Come giudica questa operazione?
Anselm Jappe – Lo Stato si dimostra spudorato: accusa di terrorismo chi stava protestando contro un’industria legata al terrorismo. Ricordiamo che Lafarge è attualmente oggetto di una duplice indagine per complicità in crimini di guerra e crimini contro l’umanità, dopo aver negoziato con l’ISIS il diritto di continuare la sua lucrosa attività in Siria. Per questi legami, nell’ottobre del 2022 il gruppo si è visto comminare dagli Stati Uniti una multa di 778 milioni di dollari. Questo dimostra, se ce ne fosse bisogno, che il cemento, e più in generale l’estrattivismo, operano al fianco di milizie, eserciti privati e signori della guerra che esercitano forme di potere particolarmente brutali.
E qui sta l’ironia: lo Stato ricorre alle brigate antiterrorismo per rintracciare individui che tutt’al più hanno usato qualche mazza o qualche tronchese! È come sparare ai passeri col cannone! È un modo piuttosto classico per soffocare qualsiasi opposizione. Non è la prima volta che lo Stato utilizza la sorveglianza antiterrorismo contro gli attivisti, ma questi metodi stanno diventando comuni e diffusi.
Ovviamente, dobbiamo opporci a questa forma di repressione. Allo stesso tempo, c’è molto di cui essere orgogliosi. In termini politici, è come se lo Stato facesse un omaggio agli arrestati e ai movimenti a cui appartengono. La sua reazione isterica dimostra una forte preoccupazione. Si percepisce un grande nervosismo di fronte alla crescente forza del movimento ambientalista e allo sviluppo di atti di sabotaggio, che non definirei violenti, ma semplicemente illegali.
Il movimento per la difesa della terra ha un potenziale sovversivo forse maggiore delle lotte sindacali o sociali di oggi. La stragrande maggioranza delle persone si dichiara preoccupata per l’ambiente ed è pronta ad agire, o approva chi lo fa. Ed è proprio questo il principale timore dello Stato: che migliaia o decine di migliaia di manifestanti non rispettino più la legge, come hanno fatto a Sainte-Soline o altrove.
L’approccio dei manifestanti sta cambiando. La vecchia strategia del potere di distinguere gli attivisti in pacifisti buoni e teppisti cattivi non funziona più. Anche gli anziani o chi non sarebbe pronto a partecipare in prima persona a questo tipo di azioni oggi le giustifica. È una reazione sana e legittima alla brutalità dello Stato e della polizia.
E degli industriali?
Sì, certo, il sistema industriale e produttivista è di per sé una forma di violenza. Gli industriali sono i principali criminali climatici. Per di più, non godono più di una buona reputazione sui media e si sta diffondendo una maggiore consapevolezza su questo tema. Per molto tempo il cemento è stato considerato neutro, ma ora l’opinione pubblica si rende conto che questo materiale e l’industria che lo produce sono nocivi sotto molti aspetti. Hegel diceva che «Solo le pietre sono innocenti». Ma in realtà, neppure le pietre sono più innocenti una volta entrate nel ciclo industriale.
Cosa ne pensi del fatto che 200 attivisti hanno deciso di intraprendere un’azione in un cementificio Lafarge e che questo fine settimana si mobiliteranno di nuovo a Nantes contro l’industria del cemento e l’estrazione della sabbia?
Come ha detto Walter Benjamin nel 1940, è un modo per «tirare il freno d’emergenza». Il treno del progresso sta sfrecciando verso un abisso e, prima di tirare il freno, non chiederemo allo Stato se i regolamenti consentono ai comuni passeggeri di farlo. Gli attivisti chiedono il disarmo del cemento. Hanno perfettamente ragione. Il cemento è un’arma di distruzione di massa.
Non ho consigli legali da dare agli arrestati, che per il momento, è bene ricordarlo, sono innocenti, ma spero che questo caso possa essere un’occasione collettiva per tornare all’attacco e ribadire che, anche se non seguiamo le leggi dello Stato, abbiamo tutte le ragioni per agire. C’è una morale che è superiore alla legge dello Stato. È una questione di legittimità contro legalità. Di fronte ai tentativi di intimidazione, dovremo trovare una grande forza collettiva per reagire. Prendere di mira l’industria del cemento rimane un obiettivo più che legittimo.
«Il cemento è un problema industriale di primaria importanza».
Perché?
Perché non c’è dubbio sulla sua natura apocalittica. Perché il cemento gioca un ruolo centrale nella logica industriale e capitalista. È un’industria con enormi ripercussioni sull’ambiente e sulla salute, che da tempo devasta il mondo con la costruzione di autostrade, centrali nucleari, dighe e così via. Il cemento è legato a traffici illegali come il furto di sabbia e produce un’enorme quantità di rifiuti. È un grande problema industriale. Il cemento è il principale responsabile dell’artificializzazione dei suoli e delle catastrofiche alluvioni che ne derivano, come è accaduto il mese scorso in Italia. Rappresenta da solo l’8% delle emissioni globali di CO₂. E il settore delle costruzioni incide per il 39%.
Ma questi non sono le uniche ragioni per attivarsi. Questo settore ha anche contribuito alla diffusione in tutto il mondo di un’architettura monotona e spesso inabitabile che non tiene conto dei materiali e del patrimonio di conoscenze locali, privilegiando un materiale sempre uguale e costruzioni spesso progettate da architetti-designer che non tengono conto delle esigenze degli utenti. Il cemento armato ha contribuito in modo determinante all’impoverimento del mondo sensibile che è un tratto distintivo del capitalismo.
Come lottare contro questa industria?
Agendo concretamente contro ogni genere di nuovo progetto inutile o dannoso, che si tratti di autostrade, centri commerciali, aeroporti, cementifici o cave. È incoraggiante osservare che negli ultimi anni queste lotte si sono intensificate in Francia. Nel paese non c’è quasi nessun progetto che venga avviato senza incontrare opposizione. Questo dimostra una maggiore consapevolezza del problema. Penso anche che dobbiamo continuare a minare la reputazione del cemento. Per molto tempo, grazie a Le Corbusier e altri, è stato considerato un materiale nobile, una prova di modernità. Ma ora non è più così.