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Ehrenreich
UNA STORIA DELLA GIOIA COLLETTIVA
traduzione di Elena Cantoni
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2024
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l'opera |
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In un Occidente che ha perso la gioia comunitaria (se non nelle sue forme più consumiste), questa indagine storica è anche un inno alla libertà di godere. Insieme.
Dai rituali di danza del paleolitico, passando per il culto di Dioniso fino alle pratiche di religione danzata del cristianesimo medievale, le società umane hanno sempre prodotto momenti di rottura dell’immaginario quotidiano e istituzionale attraverso momenti di festa ed estasi collettiva. Tutte occasioni che incoraggiavano il “perdersi”, un lasciarsi andare che – affrancandosi temporaneamente dal sé e dalle sue ansie – permetteva a ognuno di entrare in comunione diretta con gli altri (e con il divino). Ma se i rituali estatici e le festività erano un tempo così diffusi, come mai oggi sono quasi scomparsi? Se da un lato la terapeuticità di tali feste e riti aveva la funzione di spezzare l’isolamento dell’individuo e riconnetterlo alla comunità, dall’altro il loro afflato liberatorio ha sempre scatenato nelle élite il timore – giustificato! – che questi raduni potessero minare le gerarchie sociali. E così, in una secolare lotta alla festa che ha visto i protestanti criminalizzare il carnevale, i musulmani wahhabiti combattere il sufismo estatico, i colonizzatori europei cancellare i riti di danza dei nativi, le feste di massa hanno cominciato a essere considerate estranee e “selvagge”, e i partecipanti a essere trasformati in meri spettatori. Eppure, le esplosioni di baldoria collettiva persistono tuttora perché, come conclude Ehrenreich, siamo esseri sociali e in quanto tali siamo spinti a condividere la nostra gioia.
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l'autore
[scheda autore] |
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Barbara Ehrenreich (1941-2022), sociologa, oltre ad aver collaborato con le maggiori università americane è anche stata saggista, giornalista e attivista politica.
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percorsi di lettura |
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DEMOCRAZIA E PARTECIPAZIONE
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POLITICA E SOCIETA' |
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