Montagu (cur.)
Il buon selvaggio
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Cartaceo 16,15 €
Che l'aggressività esista in natura è indubbio, ma è altrettanto indubbio che non è una componente inevitabile del comportamento umano. L'aggressività infatti si apprende, dipende dai valori trasmessi dall'educazione. Come appunto dimostrano tante società «selvagge» in cui un'educazione intenzionalmente volta al comportamento cooperativo e non-aggressivo produce individui e società coerentemente non-aggressive e cooperative.
Saggi di E. Richard Sorenson, Patricia Draper, Jean L. Briggs, Robert Knox Dentan, Catherine H. Berndt, Colin M. Turnbull, Robert I. Levy.
Perché alcuni popoli sono più aggressivi di altri? E per converso, come mai in alcune società «selvagge », come quelle dei !Kung del Kalahari o degli Inuit canadesi, violenza e aggressività, per lo meno tra i membri dello stesso gruppo, sono quasi inesistenti? Secondo gli autori di questi saggi – tutti antropologi con diretta esperienza sul campo, dall'Oceania all'Artico, dall'Asia all'Africa – la risposta sta nel rapporto madre-figlio e nel successivo processo di socializzazione dei bambini. Nei diversi casi studiati, il carattere non-aggressivo è il prodotto culturale di un'educazione affettuosa e non punitiva tesa al controllo dell'ira, della paura, dell'ostilità. Un'educazione che, lungi dal cancellare una competizione non spietata, ritenuta al contrario salutare, spinge verso comportamenti sociali cooperativi. Ed è ormai certo che l'umanità, nella sua evoluzione biologica e sociale, debba molto di più allo sviluppo degli impulsi cooperativi che non allo sviluppo degli impulsi aggressivi. Anzi, il suo futuro dipende proprio dal loro ulteriore sviluppo, e non certo dalla loro soppressione.
Saggi di E. Richard Sorenson, Patricia Draper, Jean L. Briggs, Robert Knox Dentan, Catherine H. Berndt, Colin M. Turnbull, Robert I. Levy.
Perché alcuni popoli sono più aggressivi di altri? E per converso, come mai in alcune società «selvagge », come quelle dei !Kung del Kalahari o degli Inuit canadesi, violenza e aggressività, per lo meno tra i membri dello stesso gruppo, sono quasi inesistenti? Secondo gli autori di questi saggi – tutti antropologi con diretta esperienza sul campo, dall'Oceania all'Artico, dall'Asia all'Africa – la risposta sta nel rapporto madre-figlio e nel successivo processo di socializzazione dei bambini. Nei diversi casi studiati, il carattere non-aggressivo è il prodotto culturale di un'educazione affettuosa e non punitiva tesa al controllo dell'ira, della paura, dell'ostilità. Un'educazione che, lungi dal cancellare una competizione non spietata, ritenuta al contrario salutare, spinge verso comportamenti sociali cooperativi. Ed è ormai certo che l'umanità, nella sua evoluzione biologica e sociale, debba molto di più allo sviluppo degli impulsi cooperativi che non allo sviluppo degli impulsi aggressivi. Anzi, il suo futuro dipende proprio dal loro ulteriore sviluppo, e non certo dalla loro soppressione.
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estratto uscito su la rivista culturale - leggi