Orwell
Come un pesciolino rosso in una vasca di lucci
Cartaceo 15,20 €
Orwell vedeva nella scrittura un (piccolo) strumento di denuncia con cui rendere pubbliche le storie insignificanti della povera gente, registrare le vicende, i pensieri, le frasi dei vinti, strappare all'oblio volti, nomi e desideri individuali che altrimenti verrebbero inghiottiti dal silenzio. Se le parole non possono cambiare il mondo, possono però raccontarlo, possono combattere le reticenze e i segreti del potere, le bugie della storia ufficiale, le falsità dell'ideologia.
Per Orwell, non si è obbligati a scrivere di politica o darsi da fare in prima persona, ma un romanziere che ignori la Storia e i fatti del mondo «di solito è un superficiale o un perfetto idiota». E dire le cose con estrema chiarezza, nella sua prosa nitida come il cristallo, era per lui un punto d'onore. Certo, se gli avessero detto che sarebbe diventato un «profeta» come minimo gli sarebbe venuto un attacco d'orticaria, eppure è successo. Oggi, nell'era delle fake news, del trumpismo, del terrorismo, la rilettura dei suoi scritti su politica, lingua, propaganda è illuminante. Nei suoi saggi sempre sobri – anche quelli di critica letteraria, che ci rivelano una formidabile immaginazione sociologica – insieme a un'intenzione dichiaratamente ribelle, da vero socialista libertario qual era, non c'è tanto paura e denuncia e protesta quanto una forma di vero amore per la vita. Lui che aveva intuito l'avvento dell'era del Grande Fratello e che si batteva contro tutti i totalitarismi, sapeva poi rallegrarsi delle semplici cose della vita come il cambio delle stagioni. E accorgersi del sommesso gracidare di un rospo che annuncia la primavera nonostante tutto l'orrore del mondo.