Nel centenario della nascita di Murray Bookchin

14 gennaio 1921 - 30 luglio 2006

Selva Varengo

2021-01-14

Nel 2021 Murray Bookchin avrebbe compiuto 100 anni ma, anche se fisicamente ci ha lasciato ormai da 15 anni, le sue idee continuano a vivere e a svilupparsi in molte parti del globo. Ormai è piuttosto nota la sua influenza sull’esperienza rivoluzionaria in Rojava, ma le sue proposte hanno favorito la nascita di numerose altre esperienze, piccole e grandi, un po’ in tutto il mondo, influenzando movimenti sociali, ecologisti, ecofemministi, ecc. Oggi poi, di fronte alle numerose problematiche poste dal riscaldamento globale e dalla pandemia Covid, il pensiero politico di Bookchin sembra godere di una seconda giovinezza e suscita nuovo interesse anche in ambiti inaspettati dove sempre più spesso sta crescendo la consapevolezza della stretta correlazione tra pandemie, cambiamenti climatici e dissesti sociali.

Bookchin d’altronde non è stato semplicemente uno dei pionieri del movimento ecologista, denunciando la comparsa all’orizzonte di una grave crisi ecologica già dal 19521, ma è stato anche uno dei pensatori politici radicali più originali della seconda metà del Novecento2. La sua teoria dell’ecologia sociale contiene infatti vari elementi innovativi tra cui in particolare il fatto di aver ricondotto la crisi ecologica alle sue radici sociali.

Per Bookchin la crisi ecologica contemporanea deriva certamente dall’economia capitalista ma ha le sue radici profonde nelle gerarchie sociali emerse per la prima volta con lo sviluppo della famiglia patriarcale e oggi fortemente istituzionalizzate. In particolare Bookchin individua la causa della crisi ecologica nella rottura dell’equilibrio tra esseri umani e natura provocata dall’emergere di ciò che definisce logica del dominio. Ritenere che alcuni individui siano superiori ad altri rende “naturale” considerare tutti gli altri esseri viventi inferiori agli esseri umani e quindi passibili di sfruttamento, per questo motivo il dominio sulla natura da parte degli esseri umani deriva dal dominio di un essere umano sull’altro. Di conseguenza, per l’ecologia sociale il necessario ripristino dell’equilibrio tra esseri umani e natura è possibile solo attraverso un cambiamento delle relazioni sociali che porti all’eliminazione dell’idea stessa di dominio: “I problemi fondamentali che pongono la società contro la natura nascono all’interno dello sviluppo sociale stesso, e non tra la società e la natura”3.

Da qui l’affermazione bookchiniana della necessità di una trasformazione radicale della società attraverso la costruzione di quella che chiama una “società ecologica”, ovvero una società orientata in senso libertario, non gerarchica e senza classi. Tale trasformazione sociale non passa per Bookchin in nessun modo attraverso una politica riformista di stampo parlamentare, capace solo di interventi cosmetici, né può basarsi sulla errata convinzione che la società in generale e l’umanità in quanto tale siano colpevoli del disastro ecologico. È necessario piuttosto prendere coscienza del fatto che il sistema capitalistico è incompatibile con il ristabilimento di un rapporto armonioso tra esseri umani ed ecosistema e deve dunque essere completamente smantellato fin dalle sue fondamenta e sostituito da rapporti sociali totalmente differenti, gli unici in grado di riportare l’evoluzione sociale in seno all’evoluzione naturale.

Per la creazione della società ecologica sono indispensabili secondo Bookchin, oltre a una profonda trasformazione sociale, anche trasformazioni culturali che portino allo sviluppo di nuove sensibilità e nuovi modi di pensiero, in grado di interpretare le differenze in una logica che non sia di dominio e di oppressione. Questa nuova sensibilità non gerarchica può essere raggiunta solo attraverso un lungo processo educativo, sia in senso intellettuale che etico, in grado di rendere ciascun essere umano responsabile delle proprie azioni e in grado di autogestirsi. Così, un elemento molto importante dell’ecologia sociale diventa quello della costruzione di un’etica ecologica fondata sui valori della partecipazione, del mutuo appoggio, della valorizzazione della diversità e della complementarietà, inserendosi in una prospettiva definita come umanesimo ecologico.

Accanto a tutto ciò viene auspicata la nascita di una politica di base in cui sia presente una chiara distinzione tra il potere decisionale e la sua esecuzione amministrativa: mentre il primo deve essere di competenza esclusiva di assemblee popolari, il secondo può essere affidato a un corpo amministrativo delegato, eletto con mandato revocabile in ogni momento. La società ecologica deve dunque essere caratterizzata dalla pratica della democrazia diretta basata sulla pratica dell’azione diretta e su assemblee popolari con pieno potere decisionale. L’applicazione politica dell’ecologia sociale è costituita dal municipalismo libertario, le cui origini vengono chiaramente individuate da Bookchin all’epoca delle rivoluzioni americana e francese e nella significativa esperienza della Comune di Parigi del 1871; esso auspica lo sviluppo di libere municipalità di dimensioni contenute, decentrate, caratterizzate dalla democrazia diretta, ciascuna delle quali formata da una comune di comuni più piccoli, in sintonia con l’ecosistema in cui si trovano. La necessità della democrazia diretta, del decentramento e del municipalismo libertario è strettamente connessa e indissolubilmente legata al confederalismo, ovvero alla realizzazione di una “Comune non-autoritaria delle comuni”. Esso implica l’interdipendenza delle comunità sia dal punto di vista culturale, evitando particolarismo e localismo, sia dal punto di vista economico, entrando fortemente in contrasto con il centralismo statale.

Per Bookchin la nuova società non può prescindere neppure da un radicale cambiamento economico: l’attuale sistema economico capitalista deve infatti essere radicalmente trasformato in quanto non compatibile con l’etica comunitaria. La questione non è scegliere se nazionalizzare o privatizzare l’economia, ma è necessario attuare una municipalizzazione dell’economia che implichi il controllo dei mezzi di produzione e dei servizi da parte della comunità intera: un’economia municipalizzata e morale, caratterizzata dai principi della reciprocità, dell’interdipendenza, della cura e dell’impegno reciproco. Applicare la morale all’economia significa, per Bookchin, sostituire alla concorrenza e alla falsa indipendenza dell’economia di mercato, la reciprocità e l’interdipendenza, dando vita a un’autentica economia comunitaria basata sul principio “da ciascuno secondo le sue capacità e a ciascuno secondo i suoi bisogni”.

Nonostante i principi appena esposti non è ovviamente possibile per Bookchin immaginare quale forma assumerà nello specifico la futura società ecologica in quanto la mentalità degli esseri umani che verranno sarà con ogni probabilità profondamente diversa dalla nostra. Il passaggio dalla vecchia alla nuova società non avverrà né attraverso una rottura improvvisa dell’ordine costituito, né attraverso azioni esemplari, ma sarà un processo lungo e difficile. L’importante in ogni caso è riaffermare quello che è un elemento fondante del pensiero anarchico, ovvero la necessità della coerenza tra i mezzi e i fini: non a caso l’ecologia sociale è stata definita anche ecoanarchismo o ecologismo anarchico.

Note


  1. L. Herber (pseud. di M. Bookchin), The Problem of Chemicals in Food, “Contemporary Issues”, vol. III, n. 12, giugno-agosto 1952, pp. 206-241.↩︎

  2. Per conoscere il suo pensiero consiglio la lettura della sua opera più importante (M. Bookchin, L’ecologia della libertà, elèuthera, Milano, 2017) e il mio libro di introduzione al suo pensiero (S. Varengo, La rivoluzione ecologica. Il pensiero libertario di Murray Bookchin, Zero in Condotta, Milano, 2020).↩︎

  3. M. Bookchin, Per una società ecologica, elèuthera, Milano, 2021, p. 29.↩︎