Prefazione a ‘Pane e rivoluzione l’anarchia migrante (1870-1950)’

Mimmo Franzinelli

2024-06-19

INDICE DEL LIBRO:

Prefazione di Mimmo Franzinelli // INTRODUZIONE Per una storia dell’anarchismo di lingua italiana nei cinque continenti // CAPITOLO PRIMO Raminghi per le terre e per i mari. Negli Stati Uniti // CAPITOLO SECONDO Per un’idea lasciammo i nostri cari. In Sud America: Argentina e Brasile // CAPITOLO TERZO Nostra patria è il mondo intero. Dal Messico alla Russia e all’Australia // CAPITOLO QUARTO Nostra legge la libertà. In Egitto // CAPITOLO QUINTO Si va senza rimpianti né paura. In Europa: Francia, Belgio e Inghilterra, con la Spagna nel cuore // Conclusioni // Bibliografia

Questa monografia si rivolge al lettore non necessariamente specialista, interessato alla conoscenza delle principali figure che portarono idee e progetti di rivoluzione libertaria dalla penisola nei vari continenti, suscitando movimenti di rivendicazione e di protesta, in una sfida quotidiana ai poteri costituiti. Pane e rivoluzione costituisce pertanto un utile punto di partenza per una ricognizione su un mondo da tempo scomparso, ma i cui bagliori rischiarano ancor oggi le tenebre di un orizzonte fosco, dominato dalle pulsioni di potere assoluto contro cui gli anarchici si sono da sempre ribellati.

Antonio Senta segue le tracce della disseminazione anarchica di provenienza italiana tra vecchio e nuovo mondo, a partire dal decennio successivo alla nascita del Regno d’Italia, quegli anni Settanta dell’Ottocento contraddistinti da crisi economiche che determinarono vie di fuga alla ricerca di nuove collocazioni lavorative e – per migliaia di libertari, disseminati tra i molti milioni di emigranti economici che lasciarono la penisola per le Americhe – di rapporti sociali improntati all’eguaglianza dei diritti, senza sovrastrutture statali. Si costituì dunque, a livello informale, una rete transnazionale quanto mai composita che però aveva – pur nella sua disomogeneità, accentuata dalle diversità socio-politiche delle varie regioni d’immigrazione – il comun denominatore di un internazionalismo antistatale che espose i più attivi militanti a repressioni spietate. L’agile testo ci presenta dirigenti e militanti di un movimento a tratti irruento, focoso e generoso, rivolto contro gli assetti statali e il predominio classista. Un movimento, peraltro, attraversato da individualismi e da polemiche intestine, talvolta riconducibili a conflitti di carattere e talaltra a incomprensioni, che ne diminuirono l’efficacia. Storie, insomma, di ieri e di oggi.

Tra i primi personaggi che balzano da queste pagine vi è Luigi Galleani, che nelle sue molteplici migrazioni – alternate al confino politico – si stabilisce a inizio Novecento in metropoli operaie statunitensi per organizzare i lavoratori con modalità pedagogiche e preparare scioperi stroncati da milizie armate al servizio dei padroni e delle autorità politiche. Anima con altri compagni il foglio «Cronaca Sovversiva», che rivendica un anarchismo intransigente, polemizzando pertanto con il giornale di Carlo Tresca «Il Martello», più aperto a collaborazioni con elementi e movimenti al di fuori dell’area libertaria. Tresca sviluppa un’intensa attività editoriale per rafforzare l’azione diretta nell’ambito delle agitazioni sindacali degli Industrial Workers of the World, ma durante la prima guerra mondiale incappa nella repressione generalizzata preordinata dalle leggi eccezionali contro i sovversivi. Quella di Tresca è di fatto una delle militanze più attive e longeve, sviluppatasi negli Stati Uniti tra le due guerre contro ogni espressione del potere: liberista, mussoliniano o stalinista. Militanza stroncata in un agguato notturno l’11 gennaio 1943, da un killer che attendeva Tresca in una strada nei pressi della redazione del suo giornale, a Manhattan: omicidio da sempre avvolto nel mistero, che ha dato luogo alle più disparate interpretazioni. Senta lo contestualizza e lo riconduce alle reazioni di potentati capitalistico-camorristi intenzionati a stroncare un’azione di denuncia del loro strapotere.

La disseminazione libertaria in Sud America trova quale figura centrale Errico Malatesta, giunto in Argentina nella seconda metà degli anni Ottanta dell’Ottocento, dopo essere stato espulso praticamente da ogni paese in cui se ne registra la presenza, a causa della sua irriducibilità.

Pagina dopo pagina, seguiamo nel libro il dispiegarsi dell’irradiazione anarchica nell’America centrale, in Australia, in Africa settentrionale… la rassegna ad ampio raggio volge a conclusione con un affondo sulle migrazioni europee, controllate e represse dalle polizie di ogni paese, a partire da quella dell’Italia fascista, in grado di vulnerare con doppiogiochisti e agenti provocatori il movimento anarchico (come d’altronde operò contro ogni altro gruppo d’opposizione).

La parte più stimolante di questa monografia consiste nelle conclusioni, dove l’Autore, oltre a chiarire i criteri e il senso della sua ricerca, evidenzia in un efficace quadro d’insieme le peculiarità che contraddistinsero le comunità dell’emigrazione libertaria, il suo classismo solidale e le forme di comunicazione. Senta trae dall’oblio figure pregnanti quali la bolognese Ersilia Cavedagni (emigrata in Nord America), si sofferma sulla creatività di iniziative propagandistiche e di autofinanziamento, offre un vivace spaccato dall’interno di comunità il cui legame stava anzitutto nella solidarietà e nell’anelito alla libertà. Una riflessione di estrema attualità riguarda la lotta al nazionalismo da posizioni multiculturali, talvolta federaliste, che combatterono nella guerra la forma estrema del dominio della borghesia, con la sua costruzione di una società militarizzata e dominata dalle industrie belliche anelanti extraprofitti.

Un’ultima notazione riguarda la valorizzazione da parte di Senta dei fattori culturali, e nella fattispecie della musica quale elemento di espressione creativa, di comunicazione sociale, di pratica artistica rivolta alla liberazione dell’umanità. Stralci delle ballate di Woody Guthrie restituiscono lo sfondo di una lotta libertaria per la dignità del lavoro, in una dimensione di fraternità che serba tutta la sua validità a oltre un secolo di distanza.