Libertà, uguaglianza, geografia di John P. Clark //
Storia della Terra, storia degli esseri umani // Il geografo
anarchico // Dialettica di natura e cultura // Anarchismo e
trasformazione sociale // La critica del dominio // L’eredità di
Reclus // CAPITOLO PRIMO Il progresso // CAPITOLO SECONDO Il
sentimento della natura // CAPITOLO TERZO L’evoluzione delle
città // CAPITOLO QUARTO Evoluzione, rivoluzione e ideale
anarchico // CAPITOLO QUINTO Lo Stato moderno // CAPITOLO SESTO
A mio fratello contadino // CAPITOLO SETTIMO Cultura e proprietà
// CAPITOLO OTTAVO Sul vegetarianismo // Postfazione di
Andreco // Fonti // Bibliografia
Élisée Reclus nasce il 15 marzo 1830 a Sainte-Foy-la-Grande,
una cittadina sulle rive della Dordogna, nella Francia
sud-occidentale. Suo padre, Jacques Reclus era pastore
protestante a Sainte-Foy e professore nel vicino
Collège protestante. Era, a dire il vero, un
«protestante tra protestanti», avendo deciso di lasciare la
Chiesa Riformata francese per diventare pastore di una «Libera
Chiesa» nella città di Orthez. Lasciando la Chiesa istituita,
Jacques Reclus rinunciò anche, coerentemente, alle possibilità
di carriera personale e di sicurezza economica per sé e la sua
ampia famiglia. Secondo il nipote e biografo di Élisée, Paul
Reclus, Jacques influenzò fortemente i suoi figli, grazie alla
sua dedizione ai principi, alla «messa in pratica del comunismo»
nella sua vita quotidiana e all’essersi palesato, tramite la sua
indipendenza dalla religione ufficiale, come un «precursore
dell’anarchismo». Reclus riecheggia questa
opinione quando dice che suo padre «non era un uomo ordinario,
soddisfatto di vivere in accordo con il suo mondo: ebbe sempre
la stravagante volontà di vivere in accordo con la sua
coscienza». Altrove nota che mentre
Jacques Reclus dapprima dominava i figli con la forza della sua
personalità, la sua influenza duratura prese forma creando in
loro un ideale di coscienza «indefettibile». La stessa indipendenza di
pensiero di Élisée e la sua ricerca di una comunità giusta
furono così condizionate dal retaggio paterno di dissenso
religioso. In un certo senso il suo anarchismo può essere visto
come l’estrema rivolta protestante contro le religioni dominanti
dell’era moderna: il capitalismo e lo Stato.
Su Élisée agirono anche altre influenze familiari. Ad
esempio, la sua dedizione al bene universale fu incoraggiata
dall’esempio di sua madre, Marguerite Trigant, che destava
l’ammirazione della famiglia e della comunità per il suo impegno
incessante nel portare avanti una scuola per ragazze, mentre era
nel contempo impegnata ad allevare coscienziosamente tredici
figli, undici dei quali sopravvissero fino all’età adulta.
Marguerite influenzò i suoi figli anche tramite la sua
conoscenza della letteratura, il suo stimolo alla buona
scrittura, e il suo «profondo amore»
per la famiglia. Anche se a un certo punto
Reclus ruppe con i suoi genitori a causa delle loro concezioni
religiose conservatrici, entrambi lasciarono una traccia
durevole sul suo carattere e sui suoi ideali. Inoltre, i legami
con tutta la famiglia restarono straordinariamente forti per
tutta la vita. Il che è particolarmente vero per quanto riguarda
il fratello maggiore Élie, con cui mantenne una profonda
relazione personale, politica e intellettuale per tutto il corso
delle loro lunghe vite. E seppure ebbe più tardi a lanciare un
fiero attacco alla famiglia autoritaria patriarcale, la famiglia
come comunità amorevole di mutuo appoggio e solidarietà continuò
ad avere una forte influenza sulla sua successiva concezione di
una buona società.
Reclus venne principalmente educato in istituzioni
protestanti. A dodici anni venne mandato alla Scuola Morava di
Neuwied in Germania, dove imparò il tedesco, il latino,
l’inglese e l’olandese. Il suo germogliante cosmopolitismo venne
incoraggiato non solo dai suoi contatti con un’altra cultura e
con diverse lingue, ma anche dalla personale esperienza di
pregiudizi contro gli stranieri e dalle manifestazioni di odio
nazionalistico da parte di molti compagni di studi. Queste
esperienze contribuirono a far crescere in lui un costante
impegno per la giustizia universale e per la solidarietà
umana.
In seguito fu allievo del Collège protestante di
Sainte-Foy, in cui ottenne la maturità, dopo di che andò
all’Università protestante di Montauban. All’epoca –
diciassettenne – aveva già manifestato interesse per le idee
politiche radicali e stava diventando sempre più ribelle nei
confronti dell’ambiente calvinista conservatore. Riandando con
la memoria a questo periodo, Reclus rileva che l’angusto
ambiente locale gli andava sempre più stretto, e così pure a suo
fratello Élie e ai loro compagni di scuola, man mano che
sentivano le notizie che arrivavano da Parigi: dapprima di
«lotte politiche» e poi «all’improvviso della Rivoluzione
stessa». La crescente riottosità dei
fratelli Reclus venne palesata dal fatto che l’anno successivo
vennero entrambi espulsi da Montauban per aver lasciato senza
permesso la scuola per andare sulle rive del Mediterraneo. Per
Élisée questa vicenda espresse contemporaneamente il rifiuto
delle istituzioni stabilite e una nascente passione per
l’esplorazione del più vasto mondo. Élie, successivamente,
descrisse la reazione quasi estatica di Élisée nel vedere il
mare per la prima volta. Nonostante la sua irrequietezza, Élisée
riuscì a tornare a Neuwied, dove insegnò anche se per breve
tempo e infine completò la sua educazione formale con un
semestre di studio all’Università di Berlino. Questo periodo,
per quanto breve, fu cruciale per il suo sviluppo, poiché fu
proprio a Berlino che seguì le lezioni del famoso geografo Carl
Ritter, che contribuì notevolmente a sviluppare in lui
l’interesse per il suo futuro campo di specializzazione.
Già durante gli anni scolastici le idee politiche di Reclus
sono piuttosto progressiste. In un manoscritto di quel periodo,
il ventunenne Élisée sintetizza una concezione del mondo che
delinea chiaramente il suo futuro anarchismo e le sue idee di
fondo. Ritiene che scopo della storia sia «completare e
assolutizzare la libertà», ma aggiunge che tale libertà non
sarebbe altro che «colossale egoismo» se non congiunta con
l’amore. Afferma che «Per ogni
singolo uomo la libertà è un fine», ma in senso più ampio «essa
è solo un mezzo verso l’amore e la fratellanza universale». Tutto lo sforzo di una vita
da parte di Reclus di trovare una sintesi tra gli ideali di
libertà e di solidarietà è già quasi evidente. Quel che non è
chiaro è quando si autodefinisce esplicitamente anarchico per la
prima volta; nondimeno, persino a questo primo stadio del suo
pensiero le sue convinzioni sono sufficientemente chiare da
fargli dichiarare, in termini che ricordano Proudhon, che «è
nostro destino raggiungere quello stato di perfezione ideale in
cui le nazioni non avranno più bisogno di essere sotto tutela di
un governo o di un’altra nazione; è l’assenza di governo, è
l’anarchia, la più alta espressione dell’ordine».
La concezione reclusiana di libertà si era a quell’epoca già
estesa al di là dell’ambito politico verso altri ambiti,
compreso quello economico. Ad esempio dichiara che «la libertà
politica non è nulla senza altre libertà» e che la libertà è
priva di significato «per coloro i quali, nonostante il sudore
della loro fronte, non possono comperare il pane per le loro
famiglie e per quei lavoratori che solo si offrono a nuove
sofferenze con le rivoluzioni cui partecipano». Reclus anticipa anche una
successiva critica del socialismo autoritario nell’osservare che
«alcune varianti comuniste [del socialismo], per reazione alla
società attuale, sembrano credere che gli uomini debbano
dissolversi nelle masse e divenire nient’altro che gli innumeri
arti di un polipo», oppure «gocce d’acqua perse nel mare». Per Reclus, al contrario,
la comunità e la solidarietà non possono mai separarsi dalla
libertà e dall’individualità. In questo, potrebbe essere
paragonato a William Godwin, un altro pensatore anarchico
proveniente dalle file del dissenso protestante. Erano entrambi eredi di un
retaggio di profonda attenzione per la coscienza individuale e
per il rispetto dell’autonomia personale.
Dopo avere lasciato Berlino, Élisée viaggiò con Élie
attraverso tutta la Francia, da Strasburgo – a nord-est sul Reno
– fino a Orthez, nell’angolo sud-occidentale dell’Esagono.
All’epoca i due fratelli avevano sviluppato una passione non
solo per le idee avanzate ma anche per l’azione politica
radicale. Infuriati con il coup d’état di Luigi
Napoleone del 2 dicembre 1851, complottarono per fare una marcia
sul municipio di Orthez al fine di organizzarvi la resistenza.
Solo un piccolo gruppo di aspiranti insorti si ritrovò la
mattina successiva per la presa del municipio e anche quei
pochi, uno dopo l’altro, abbandonarono il progetto. Quando la
decrescente banda rivoluzionaria raggiunse la sua destinazione
era costituita da due soli membri: Élisée ed Élie. Nonostante la rivolta
fosse finita in un fiasco, le autorità sembrarono prenderla
molto sul serio e i fratelli Reclus ritennero necessario
lasciare la Francia e rifugiarsi in Inghilterra. Per Reclus
questa fuga fu l’inizio di un viaggio all’estero di cinque anni
che influenzò profondamente la sua futura vocazione di
geografo.
Passò più di un anno in Inghilterra e Irlanda, lavorando
prima come tutore a Londra e poi come bracciante agricolo nei
pressi di Dublino. Fu durante questo periodo che maturò l’idea
di esplorare le Americhe, con l’intenzione ultima di stabilirvi
una comunità agricola in collaborazione con Élie e alcuni amici.
Non passò molto prima che mettesse in opera il suo piano.
All’inizio del 1853 aveva già attraversato l’Atlantico e si
era installato in Louisiana. Il suo
Fragment d’un voyage à la Nouvelle Orléans racconta del
suo passaggio tra le Antille, la risalita del delta del
Mississippi e la vivida impressione procuratagli dall’impatto
con la città di New Orleans. Questo scritto testimonia anche di
una fase importante nello sviluppo delle sue idee politiche e
sociali. Dopo avere lavorato brevemente come scaricatore di
porto, trovò un lavoro come tutore per i figli della famiglia
Fortier, proprietari della plantation «Félicité»
situata cinquanta miglia a monte di New Orleans, sulla riva
destra del Mississippi. In questa piantagione, Reclus visse la
maggior parte dei due anni e mezzo passati in Louisiana. Una
delle più forti impressioni che trasse da questa esperienza in
una tipica piantagione del «Vecchio Sud» (di quelle
romanticamente idealizzate) fu l’inumana crudeltà della
schiavitù. E proprio la repulsione
per il sistema schiavistico fu il principale motivo per cui
decise di lasciare la Louisiana. Scrisse di non poter continuare
a guadagnare soldi impartendo lezioni ai figli di proprietari di
schiavi e, in questo modo, «rubare ai negri che con il loro
sudore e il loro sangue avevano prodotto il denaro che io mi
mettevo in tasca». Nel suo
giudizio sul rapporto economico, pur indiretto, avuto con il
sistema schiavistico si evidenzia il suo forte senso di
responsabilità morale individuale: pur avendo nella casa
padronale della plantation il ruolo apparentemente
innocuo di tutore sente che, partecipando comunque a
quell’istituzione, «anch’io tengo in mano la frusta».
Oltre a intensificare l’odio per il razzismo, il soggiorno di
Reclus in Louisiana rafforzò anche la convinzione dell’inumanità
del capitalismo. Pur se già le sue esperienze in Europa lo
avevano condotto ad aborrire i mali della disuguaglianza e dello
sfruttamento economico, in America scoprì una mentalità
economicista che andava ben al di là di quanto aveva visto nelle
più tradizionali società europee. Ne concluse che lo spirito del
commercio e del guadagno materiale avevano infettato
profondamente la cultura americana, avvelenandola. Come scrisse
al fratello Élie, gli sembrava che il paese fosse «una grande
casa d’aste, dove tutto viene venduto, schiavi e padroni, voti e
onore, Bibbia e coscienze compresi. Tutto appartiene al più
ricco». La ripugnanza per le virtù
della «libera impresa» non lo abbandonò più per il resto della
sua vita.
Dopo avere lasciato la Louisiana, Reclus passò diciotto mesi
in Nueva Granada (Colombia), dove tentò senza successo di
realizzare il suo sogno di una comunità agricola cooperativa. I
suoi sforzi vennero frustrati dalla febbre gialla, da una
programmazione inadeguata e dall’essersi messo in società con un
francese che risultò inaffidabile. Reclus fu ridotto alla
miseria da questa impresa disastrosa e finì con «il non avere
neppure i mezzi per comprarsi un paio di scarpe». Non è escluso che le sue
più tarde opinioni critiche sugli esperimenti cooperativi
fossero anche influenzati dalla delusione per non essere
riuscito a realizzare in Sud America i suoi sogni comunitari.
Comunque, al di là delle sue disillusioni, è certo che i suoi
viaggi nelle Americhe abbiano contribuito notevolmente al suo
farsi geografo. Durante la sua permanenza in Louisiana, fece un
viaggio a monte del Mississippi fino al Canada, nel corso del
quale raccolse osservazioni preziose per i suoi successivi
scritti sul Nord America. E il suo
viaggio in Nueva Granada costituì la base del suo Voyage à
la Sierra Nevada de Sainte-Marthe: Paysages de la nature
tropicale (Viaggio nella Sierra Nevada di Sainte-Marthe:
paesaggi naturali tropicali).
Dopo sei anni di viaggio Reclus decise di tornare a casa in
famiglia per vedere quali nuove opportunità gli si erano aperte
in Francia. Ritornò con il suo idealismo e con un’energia
creativa apparentemente non sminuita dalle avversità subite.
Tornò anche con la ricchezza dell’esperienza che si sarebbe
dimostrata preziosa per il suo lavoro futuro. Poté mettere
personalmente in pratica la sua forte convinzione
nell’auspicabilità di mescolare razze e culture quando, nel
dicembre del 1858, sposò Clarisse Brian, figlia mulatta di padre
francese e madre senegalese. Secondo Paul Reclus, «non v’è il
minimo dubbio che fu la permanenza di Élisée in Louisiana a far
nascere in lui l’idea di sposare una figlia della razza
disprezzata». Qualunque fosse la forza
di questa motivazione, è pur vero che il matrimonio si fondava
su elementi di affinità personale e che fu un matrimonio felice.
Purtroppo finì dopo pochi anni, con la morte di Clarisse seguita
alla nascita del loro terzo figlio, morto anche lui poco dopo.
L’anno seguente Reclus sposò una vecchia amica, Fanny
L’Herminez. La sposò secondo i principi anarchici, vale a dire
senza che l’unione fosse sancita né dalla Chiesa né dallo Stato.
Questa unione fu la relazione più stretta e preziosa che Élisée
ebbe con una donna in tutta la sua vita, in quanto condividevano
entrambi gli stessi valori, gli stessi interessi intellettuali e
lo stesso impegno politico. C’era fra loro un’affinità
spirituale paragonabile solo a quella che legava Élisée al
fratello Élie. Benché Fanny morisse meno di quattro anni dopo il
«matrimonio», Reclus fu segnato profondamente da lei per il
resto della sua vita e per molti anni incluse il suo nome o le
sue iniziali come parti della sua firma. Successivamente si unì
in «libero matrimonio» con la sua terza moglie: Ermance
Beaumont-Trigant. Anche questa relazione fu pienamente
soddisfacente, pur mancando della profondità spirituale che
aveva vissuto con la seconda moglie.
Le testimonianze degli amici e dei colleghi di Reclus
comprovano univocamente quanto predicasse nella vita personale
le sue idee egualitarie e cooperative. I suoi principi basilari
di solidarietà e di mutuo appoggio furono per lui sempre più di
uno slogan politico. Secondo Kropotkin, «l’idea di dominare in
qualche maniera qualcuno non sembra mai avergli attraversato il
cervello; detestava fin i più piccoli segni dello spirito di
dominio». Il che vale non solo per i
suoi rapporti con le mogli, ma anche con gli altri membri della
famiglia e con l’ampia cerchia delle sue amicizie. Era
universalmente apprezzato per la sua grande umiltà e la
riluttanza a presentarsi come un «leader» o un «esperto». Pur se
divenne famoso sia come scienziato sia come scrittore e
militante politico, rifiutò costantemente e con forza l’idea di
avere dei seguaci o di farsi mettere in una posizione di
superiorità. Come scrisse una volta a un suo aspirante
discepolo: «Vergogna!… È forse giusto che alcuni siano
subordinati ad altri? Io non mi ritengo un ‘vostro discepolo’». Vi sono numerosi aneddoti
di sue interazioni con altre persone in termini di completa
uguaglianza e della sua schiva partecipazione agli aspetti più
umili del lavoro politico. Jean Grave osserva, di Reclus, che
«era capace di ascoltare obiezioni da qualunque parte venissero
e di rispondere senza alcuna superbia e senza il tono tagliente
di chi emette sentenze e non ammette discussioni». Il suo spirito di
non-dominio si estendeva, al di là degli esseri umani, a tutte
le altre creature e addirittura alla natura intera. Non
sopportava l’idea che si maltrattassero degli esseri senzienti e
praticò, per la maggior parte della sua vita, un vegetarianismo
eticamente fondato.
Nel corso degli anni Sessanta Reclus pubblicò moltissimi
saggi geografici sulla «Revue des Deux Mondes» e su altre
riviste e completò il primo dei tre grandi progetti geografici
della sua vita: La Terre. Description des phénomènes de la
vie du globe (La Terra: storia descrittiva dei fenomeni
della vita sul globo), un’opera
ponderosa di millecinquecento pagine, in due volumi, pubblicata
nel 1868-1869. Questo rilevantissimo studio fisico della Terra
fece di Reclus, ancora relativamente giovane, un personaggio
notevole nel campo della geografia. Nel 1869 pubblicò la sua
Histoire d’un ruisseau (Storia di un ruscello), un’opera di divulgazione
che diventò un classico nelle letture naturalistiche giovanili,
seguita, anni dopo, dall’analoga Histoire d’une
montagne (Storia di una montagna). Un’altra delle attività di
Reclus in questo periodo fu il suo lavoro nel movimento
cooperativo, per lo più a sostegno delle iniziative di Élie. I
due fratelli furono responsabili della pubblicazione del
periodico cooperativistico «L’Association» e promossero la
creazione di una banca mutualistica chiamata «Società di Credito
al Lavoro». Le difficoltà di diffusione del periodico e il
fallimento della banca contribuirono certamente alla crescente
disillusione di Reclus nei confronti del movimento
cooperativo.
Per Reclus e per il suo giro di amici l’inizio degli anni
Settanta fu determinato dagli avvenimenti della Comune di Parigi
e dai suoi strascichi. Poiché aveva all’epoca più di
quarant’anni, era stato esonerato dal servizio militare durante
la guerra franco-prussiana; volle tuttavia arruolarsi come
volontario nella Guardia Nazionale, convinto che si dovesse
difendere la Repubblica contro un nemico reazionario. Prestò
servizio nella compagnia aerostati del suo amico Félix Nadar, ma
non prese parte ad azioni militari fino alla dichiarazione della
Comune di Parigi. Durante la breve vita della Comune partecipò
attivamente sia alla vita politica sia alla difesa della città.
Quando Parigi cadde, la sua colonna della Guardia Nazionale
venne catturata dalle truppe di Versailles: nei sette mesi
successivi fu rinchiuso in quattordici diverse prigioni, per
essere poi processato e condannato alla deportazione in Nuova
Caledonia.
Nonostante il suo rifiuto di fare atto di sottomissione al
nuovo regime, i suoi amici riuscirono, grazie soprattutto al suo
prestigio di scienziato e di intellettuale, a fargli commutare
la sentenza in dieci anni di esilio. Fu così autorizzato a
emigrare in Svizzera. Per ironia della sorte, questo esilio
decretato da un regime reazionario contribuì in misura
determinante alla trasformazione di Reclus in un pensatore
politico decisamente radicale e in un elemento centrale del
movimento anarchico europeo, perché fu proprio in Svizzera che
cominciò a frequentare gli anarchici della Federazione del Jura
e a stringere legami con pensatori di rilievo come Bakunin e
Kropotkin. Dopo alcune iniziali divergenze dottrinali, Bakunin e
Reclus diventarono stretti collaboratori in seno alla Prima
Internazionale e al movimento anarchico (inclusa la bakuniniana
Fratellanza Internazionale). Bakunin disse una volta, dei
fratelli Reclus, che non aveva mai conosciuto altre persone «più
modeste, nobili, disinteressate, pure e religiosamente devote ai
loro principi». Quei principi erano
abbastanza prossimi a quelli di Bakunin perché i tre rimanessero
stretti alleati politici fino alla morte dell’anarchico russo:
fu Élisée a pronunciare l’eulogio ai funerali del grande
rivoluzionario, a Berna nel 1876.
Fu sempre in Svizzera che Reclus iniziò la sua principale
opera geografica, la Nouvelle géographie universelle
(La nuova geografia universale). Questo lavoro monumentale
fu pubblicato in diciannove corposi volumi tra il 1876 e il
1894. Il lettore resta impressionato non solo dalla qualità
della scrittura che, secondo Patrick Geddes, «riportò di nuovo
la geografia nella letteratura», ma anche dall’enorme
portata delle diciassettemila pagine, dall’esaustività dei
particolari, dallo splendore delle illustrazioni. Il geografo
Gary Dunbar, nella sua biografia di Reclus, conclude che «per
una generazione intera la NGU servì da fonte autorevole
definitiva» e costituì «probabilmente la più grande impresa di
scrittura nella storia della geografia». Reclus rimase in Svizzera
fino al 1890, fortemente impegnato nell’insegnamento e nelle
attività politiche, e infine tornò in Francia, dopo quasi
vent’anni di esilio.
Nel 1894 cominciò una nuova fase della sua carriera di
geografo quando accettò di insegnare nella Université Nouvelle
di Bruxelles. In origine era stato invitato a insegnare alla
Université Libre di Bruxelles, ma a causa della crescente
reazione della pubblica opinione contro l’anarchica «propaganda
del fatto», venne giudicato un personaggio troppo controverso e
l’invito venne ritirato. Il che provocò un notevole dissenso in
seno all’università e contribuì alla decisione di fondarne
un’altra: l’Université Nouvelle.
Nonostante il carattere «dissenziente» di questa istituzione,
Reclus nutriva alcune riserve sull’idea di entrare nei meandri
del mondo accademico, essendosi mantenuto studioso indipendente
sino ad allora, con un suo proprio percorso politico e
intellettuale. Scrisse che, benché il motto della nuova
università fosse «formare uomini», temeva che in certa misura
essa avrebbe potuto anche «formare sfruttatori». Nonostante questi timori,
alla fine accettò la sfida con entusiasmo. E fu un grande
successo: diventò un rinomato insegnante e godette della
duratura ammirazione di gran parte dei suoi studenti.
Durante questo periodo completò l’ultima sua grande opera,
L’Homme et la Terre (L’uomo e la Terra). Questa impressionante
impresa, che comprende sei volumi e tremilacinquecento pagine,
costituisce un’ampia sintesi delle idee di Reclus sulla
geografia, sulla storia, sulla filosofia, sulla scienza, sulla
politica, sulla religione, sull’antropologia e su molti altri
ambiti disciplinari. Anche se quest’opera rafforzava la sua
reputazione in quanto esponente di spicco della storia della
geografia, essa in realtà espandeva la geografia sociale ben
oltre i limiti convenzionali del «geografico», fino a una
concezione globale del mondo (assai simile al modo in cui
l’ecologia sociale si è sviluppata in filosofia ecologica,
anziché in una branca dell’«ecologia» così come comunemente
intesa). Poiché l’editore della Nouvelle géographie
universelle gli aveva imposto di ridurre al minimo le
«digressioni» sui temi politici e sociali, riservò gran parte
delle sue importanti riflessioni teoriche a questa sua ultima
opera. Essa costituisce dunque il
culmine della sua vita di geografo sociale e la più completa
espressione della sua filosofia sociale.
Élisée Reclus fu straordinariamente coerente nell’integrare i
suoi ideali libertari e comunitari nella vita personale, nella
militanza politica e nel lavoro scientifico. Il tenace amore per
la vita, per gli altri e per la libertà si esprime
eloquentemente in una lettera scritta il 25 marzo 1905, pochi
mesi soltanto prima della sua morte. A settantacinque anni, per
quanto malato e sempre più debole, era ancora capace di scrivere
di due «forti attrattive» che gli infondevano voglia di vivere.
La prima era «l’affetto, la tenerezza, la gioia di amare, la
felicità di avere degli amici e di far loro sentire che sono
amati, che non si chiede altro da loro se non di lasciarsi
amare, che ogni segno d’affetto è un piacere liberamente
donato». La seconda, dice, è «lo
studio della storia, la gioia di vedere la connessione reciproca
delle cose. C’è indubitabilmente un forte elemento di
immaginazione in questo studio, e l’ingannevole Maya ci porta
spesso su falsi sentieri. Ma è un’altra grande gioia quella di
riconoscere i propri errori»38.
Reclus morì in una località di campagna, a Thourout nei
pressi di Bruxelles, il 4 luglio 1905. Si dice che i suoi ultimi
giorni furono allietati dalle notizie sulla rivoluzione popolare
in Russia. Esalò l’ultimo respiro poco dopo avere saputo della
rivolta dei marinai della corazzata Potëmkin.
Note al capitolo