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Prologo a 'Gli algoritmi della politica'

Gli algoritmi della politica

Vaccaro

Cartaceo 13,30 €
mer 20 gen 2021

INDICE DEL LIBRO:

«Le società disciplinari hanno due poli: la firma che indica l’individuo, e il numero di matricola che indica la sua posizione in una massa. Il punto è che per le discipline non esiste incompatibilità tra i due poli, che il potere è allo stesso tempo massificante e individualizzante, cioè costituisce come corpo coloro sui quali si esercita, e modella l’individualità di ciascun membro del corpo (Foucault individuava l’origine di questa duplice cura nel potere pastorale del prete – il gregge e ciascun singolo animale – ma il potere civile ha cercato a sua volta di farsi ‘pastore’ laico con altri mezzi). Nelle società di controllo, viceversa, la cosa essenziale non è più né una firma né un numero, ma una cifra: la cifra è una mot de passe [password, codice d’accesso, lasciapassare], mentre le società disciplinari sono regolate da mots d’ordre [parole d’ordine] (sia dal punto di vista dell’integrazione che della resistenza). Il linguaggio numerico del controllo è fatto di cifre che contrassegnano l’accesso all’informazione o il diniego. Non si ha più a che fare con la coppia massa-individuo. Gli individui sono diventati dei ‘dividuali’ e le masse dei campioni, dati, mercati o ‘banche’. Forse è il denaro che esprime al meglio la distinzione tra le due società, poiché la disciplina si è sempre rapportata a monete stampate che racchiudevano l’oro come valore di riferimento, mentre il controllo rinvia a scambi fluttuanti, a modulazioni che come cifra fanno intervenire una percentuale delle differenti monete»1.

Fa una certa impressione leggere, a trent’anni dalla stesura, questo Poscritto sulle società di controllo di Gilles Deleuze. E non tanto per la nota distinzione tra disciplina e controllo e le correlate società segnate da tali cifre discorsive; Foucault stesso ha ripetuto svariate volte come le forme di potere si esercitano tanto omnes quanto singulatim, rivolte a corpi individuali e a corpi collettivi, con tattiche differenziate secondo i tempi storici, i contesti sociogeografici, le sfere di applicazione, le istituzioni interessate. Questo testo deleuziano viene pubblicato nel maggio del 1990, l’anno in cui Tim Berners-Lee elabora i protocolli HTTP e HTML necessari per la comunicazione via web, il cui primo browser e server viene prodotto al CERN sempre in quell’anno. L’avventura sta per cominciare e Deleuze già ne intuisce l’enorme portata: l’avvento del digitale trasforma la società, la dimensione morale e statica assume una variazione modulare e molecolare, gli individui si disgregano, si frattalizzano, diventano «variazioni inseparabili che formano un sistema a geometria variabile il cui linguaggio è numerico (che non vuol dire necessariamente binario). […] Il controllo è a breve termine e a rapida rotazione, ma anche continuo e illimitato, mentre la disciplina era di lunga durata, infinita e discontinua. L’uomo non è più l’uomo rinchiuso, ma l’uomo indebitato», «ondulatorio, messo in orbita, su un fascio continuo»2. Il prototipo è il surfista californiano dove nasce la via algoritmica del contemporaneo.

Il controllo continuo e la comunicazione istantanea sono l’uno la posta, l’altra la tecnologia politica attraverso le quali «un nuovo regime di dominazione»3 riesce a concatenare in determinate costellazioni – ieri intuibili solo per chi disponeva di antenne sensibili, oggi leggibili perché già dispiegate – le funzioni del capitale, la mercatizzazione di segno aziendalista della società neoliberale, le istituzioni della governance mondiale, le invenzioni della tecnologia, segnatamente le «macchine cibernetiche e i computer»4, precisava Deleuze quando i computer e i telefoni portatili avevano appena qualche anno di vita. Beninteso, non è affatto in questione l’elogio di pretese capacità visionarie o profetiche del filosofo francese, quanto l’attenzione in tempo reale delle faglie di smottamento di un sistema (anche geopolitico) e delle forze che premono per attuare una metamorfosi in direzione di un surplus di asservimento volontario, anziché in direzione ostinata e contraria, come processi di soggettivazione creativi che sfuggano ai saperi costituiti e ai poteri dominanti, ossia al controllo. Lo spazio-tempo del punto di biforcazione è sempre attuale, la configurazione dei rapporti di forze è mutevole, la rappresentazione delle mappe è imprescindibile affinché le linee di fuga si collochino lungo un crinale di divenire resistente alla cattura digitale e potenziante comunità prive di fondamento e di totalità.

Note al Prologo


  1. Gilles Deleuze, Poscritto sulle società di controllo, in Pourparler, Quodlibet, Macerata, 2000, pp. 237-238.

  2. Ibidem, rispettivamente pp. 236, 239, 236.

  3. Ibidem, p. 241.

  4. Gilles Deleuze, Controllo e divenire, conversazione della primavera 1990 con Toni Negri, in Pourparler, cit., pp. 223-233, qui p. 231.