Sisifo felice
Libro
Anarchia in divenire
Ibáñez
Cartaceo 15,20 €
lun 06 feb 2023
INDICE DEL LIBRO:
INTRODUZIONE Sisifo felice di Antonio Senta
INTERVISTE a cura di Freddy Gomez / Introduzione / Parte prima. Momenti di un itinerario libertario / Parte seconda. A proposito di alcune rivolte contemporanee
FRAMMENTI DI MEMORIA / Il lascito dell’Incontro Internazionale Anarchico “Venezia ‘84” / Convergenze e divergenze nel pensiero di Amedeo Bertolo e di Eduardo Colombo / Il mio addio all’amico e compagno Salva / Bibliografia completa dell’autore
INDICE DEI NOMI
INDICE DELLE TESTATE E DELLE ORGANIZZAZIONI
Tomás Ibáñez è un compagno attivissimo e con un pensiero acuto e mai banale. Generoso nella sua militanza nel movimento anarchico internazionale da circa sessanta anni, mai pago e sempre alla ricerca di necessarie linee di rinnovamento per l’anarchismo a venire. Che, per avere ancora molto da dire, deve scrollarsi di dosso schemi e “ortodossie” del passato, come ci dice. Tomás l’eretico, con quei suoi occhi azzurri profondissimi, è per me uno speciale: leggerlo è un piacere, ascoltarlo un’emozione, sapere di far parte dello stesso movimento un motivo di orgoglio.
Giovane militante antifranchista in esilio in Francia, da inizio anni Sessanta anima il gruppo dei Jeunes Libertaires prima a Marsiglia e poi a Parigi, elaborando, tra l’altro, il segno grafico della A cerchiata senza sigle a corredarla, a indicare la pluralità e la riproducibilità degli anarchismi.
Nella capitale francese dà vita al Comité de Liaison des Jeunes Anarchistes (CLJA) e collabora strettamente con le Juventudes Libertarias spagnole, convinto della necessità dell’azione diretta contro il franchismo, fino a essere in prima fila nel Maggio ‘68, quando esplode un movimento spontaneo e profondamente libertario, di lotta e di festa, di rivoluzione di tutti gli aspetti della vita, segnato dalla partecipazione di massa di milioni di “insubordinati”. Con la sua sovversione quotidiana il ‘68 – ci indica Ibáñez – ha trasformato le strade e gli spazi in luoghi di ritrovo e di discussione, instaurando nuove relazioni sociali e personali, provocando processi di politicizzazione rapidissimi e perduranti. Ha segnato inoltre la nascita dei movimenti sociali contemporanei basati sulla democrazia diretta e sull’azione in prima persona, distruggendo i modelli organizzativi precedenti, avanguardistici, disciplinati e gerarchici, mettendo ai margini la questione della presa del potere. Forme, queste, di un’insurrezione che riesce a trasformare profondamente luoghi, persone, processi, istituzioni: l’ambito educativo, la cultura, le identità sessuali, le relazioni familiari, gli stili di vita. Il maggio parigino pone così le basi per un nuovo anarchismo, che Tomás continua a rinverdire negli anni successivi, da quando, nel 1973, decide di tornare in Spagna.
Il suo anarchismo è un movimento in continuo mutamento, oggi ibridato con le riflessioni di Michel Foucault. Antiessenzialista, relativista, si configura come resistenza e contrattacco alle varie forme di dominio. Non è tanto l’anarchismo specifico a interessare Ibáñez, che anzi sembra ritenere il movimento formalizzato in sigle storiche un fardello del passato, quanto l’anarquismo extra moenia, quello “fuori dalle mura”, ovvero tutti quei movimenti con metodi e fine libertari che si sono dipanati dal ‘68 in avanti, tra i quali lo zapatismo, l’autonomia, il femminismo, l’ecologismo, ma anche il Movimiento15-M e i Gilets Jaunes.
L’anarchia di oggi non è e non può più essere universalista, ma, di identità mutevole, contribuisce a lotte parziali ed eterogenee. Non è più, nemmeno, preparazione della rivoluzione intesa come grand soir, né cesura definitiva: la rivoluzione si è infatti trasferita dal domani all’oggi, e dal singolare è diventata plurale. Ad animare le rivoluzioni non è più un solo soggetto storico, ma sono molteplici soggetti che si formano all’interno dei movimenti (e non sono preesistenti a essi) con la volontà e il desiderio di modificare radicalmente l’esistente. Non c’è (più) un soggetto storico rivoluzionario e non può essere una sola classe, o una categoria specifica di persone, a innescare il cambiamento. L’essere umano, che non è né naturalmente buono né naturalmente cattivo, ma è un costrutto sociale in continua modificazione, può dare vita a nuove rivoluzioni.
Rivoluzioni che, sostiene Tomás, sono tutt’altro che finite. Guardiamoci intorno: le rivolte sociali costellano il mondo contemporaneo. Esse sono imprevedibili come le eruzioni di un vulcano, ma, proprio come le eruzioni, nascono da un sostrato comune, sul quale gli anarchici possono intervenire, con un impegnativo e continuo lavoro di preparazione. Il ruolo degli anarchici è quindi sia di essere inseriti nei movimenti contemporanei, seppure parziali e spesso contraddittori, sia di contribuire, laddove c’è l’eruzione, ad ampliare l’estensione e l’incisività delle rivolte, affinché queste ultime si cristallizzino il più tardi possibile.
Questo nuovo anarchismo risponde a cambiamenti epocali che non si possono ignorare e che sono così sintetizzabili: siamo entrati in una nuova fase storica, in una nuova era tecnologica, in un nuovo tempo ideologico, segnato dalla santa alleanza tra tecnica e capitalismo. Lo sviluppo tecnologico comporta un nuovo totalitarismo; l’era di internet è quella del nuovo controllo totalitario, formatosi in tempi rapidissimi. Di questo bisogna prendere coscienza e contrapporvi un’attitudine hacker che non rifiuta la tecnologia in sé, ma la tecnologia guidata dalla ragione capitalista, e lo fa interrompendo i flussi del capitale, creando spazi, tempi e relazioni liberi dal controllo.
Il pensiero di Foucault è centrale per comprendere questi cambiamenti. Foucault, per Ibáñez, ha il grande merito di avere portato la possibilità di non sottomissione e la necessità di mutamento in ogni aspetto della vita, lasciandoci una preziosa cassetta degli attrezzi con cui costruire una disobbedienza volontaria, un’etica della libertà (la libertà si raggiunge solo tramite la libertà) in grado di moltiplicare le possibilità e gli spazi di resistenza. Centrale è in questo senso la riflessione foucaultiana secondo cui se ci sono relazioni di potere in tutto il campo sociale, è perché c’è ovunque libertà. Se ne deduce che c’è libertà solo se c’è, anche, dominio, e quindi l’anarchia esiste solo se esiste il dominio, se esiste la logica di governo, se esiste l’autorità, in quanto suo nemico essenziale e necessario. Non possiamo insomma avere due regni distinti, uno dell’anarchia e uno del dominio, né possiamo intendere l’anarchia come qualcosa di statico, di fermo, di isolato dalla società o di escatologico, ma solo come qualcosa di esistente nelle lotte e nelle resistenze al dominio.
Nemico principe dell’anarchismo non è, così, oggi lo Stato, ma il principio di autorità che, secondo un principio di immanenza, tende a investire ogni spazio e che Tomás, con Foucault, chiama ragione governamentale, o gobernanza (governance). Governance che si serve della razionalità economica per investire tanto gli ambiti pubblici quanto quelli privati, esercitando il potere anche per mezzo della partecipazione degli stessi attori sociali. L’analisi della partecipazione porta a interrogarsi sul concetto di libertà, perché proprio della retorica della libertà la governance si serve a piene mani. Ibáñez mette in evidenza il fatto che la libertà (come il potere) sia multipla e polimorfa. Essa non può essere, come l’ha intesa l’anarchismo classico, un valore assoluto – opposto al potere, altrettanto assoluto. È qualcosa di dinamico che dipende da altri fattori. La libertà in senso anarchico dipende dall’uguaglianza e dalla giustizia, o, in altre parole, l’anarchia coniuga la libertà con l’uguaglianza e con la giustizia. Questi e molti altri spunti il lettore troverà nelle pagine che seguono, che completano e arricchiscono alcuni dei concetti delineati nei suoi testi editati da elèuthera, e in particolare nell’ultimo L’anarchia nel mondo contemporaneo del 2022.