prefazione alla parte terza

Navigare a vista

a cura del collettivo redazionale di elèuthera

Amedeo Bertolo in vita non avrebbe mai pubblicato un suo libro con elèuthera. Ha curato antologie altrui, ma mai avrebbe mandato in stampa una sua antologia. Lo avrebbe trovato eticamente ed esteticamente riprovevole. Ce ne assumiamo dunque la responsabilità, anche se facendolo ci sembra di sentire in lontananza i suoi rimbrotti a bassa voce.

A.B., come lo chiamavamo e come si firmava, non ha solo fondato elèuthera nel 1986, ma ne è stato l’anima (e lo spirito critico) per tutti i tre decenni di attività, durante i quali ha composto, con la pazienza del mosaicista, il disegno culturale che la definisce, fatto di ricerca, sperimentazione, perizia artigiana e passione intellettuale. Tuttavia il suo percorso editoriale, che tratteggiamo in questa terza parte, comincia ben prima. Di fatto, la sua vita è attraversata da una relazione costante e intensa con la carta stampata. Anzi, arrivava a dire che anche gli anarchici sono, a modo loro, un «popolo del libro», ovviamente «non nel senso del Libro sacro, ma nel senso della parola, in particolare della parola scritta. Checché se ne pensi, sono state dedicate dagli anarchici più energie alla scrittura e alla stampa di libri, opuscoli, riviste, giornali, fogli volanti, che alle cospirazioni rivoluzionarie».

Se da questo punto di vista rientra pienamente in quella tradizione, da un altro invece opera una radicale rottura sul piano estetico introducendo nella stampa anarchica la grafica editoriale. Non che nel passato non ci fossero esempi, e anche notevoli, di ricerca grafica. Basti pensare al periodico francese «Les Temps Nouveaux» di Jean Grave (1895-1914), al quale collaborava anche Camille Pissarro, o alle copertine della rivista inglese «Anarchy» di Colin Ward (1961-1970), ideate da graphic designers come Rufus Segar. Ma nel panorama editoriale italiano, la stampa anarchica era ormai da decenni ancorata a un linguaggio grafico desueto che di fatto le conferiva un’aria un po’ polverosa. Il fortunato incontro, a metà degli anni Settanta, con uno dei più innovativi grafici italiani, Ferro Piludu, avvia una collaborazione duratura i cui risultati sono evidenti in tutta la produzione editoriale. Qui non si sta ovviamente parlando di semplice decor, di accorgimenti estetici per rendere commercialmente «appetibile» un prodotto, ma si sta parlando di codici di comunicazione visiva in grado di veicolare discorsi che mal si adattano ai parametri ordinari, mai neutri. Una ricerca di efficacia (nel senso camusiano del termine) che è stata portata avanti anche in ambiti diversi, attraverso conferme, ripensamenti, deviazioni e ritorni.

Il senso che i vari progetti editoriali hanno avuto nel corso del tempo si evince facilmente dalla lettura dei brani che seguono, scritti tutti a distanza di anni dall’effettiva esistenza di quei progetti e dunque guardati in prospettiva. Ma ci sono elementi sullo sfondo che non risultano invece evidenti e che dunque vanno esplicitati. Il primo di questi è la dimensione artigiana che sta dietro a queste iniziative, più o meno durature, più o meno «affollate». È la scelta consapevole di una dimensione del fare (con le proprie mani) e del creare (con la propria testa) commisurata a chi non vuole delegare né il fare né il creare. È la scelta di un modus operandi capace di mettere insieme il lavoro intellettuale e il lavoro manuale, e così dar vita a un lavoro integrato che rispecchi quella necessaria coerenza libertaria tra mezzi e fini che rende il fare – anche il fare libri – un atto politico.

Un secondo elemento che va esplicitato, particolarmente rilevante in elèuthera perché è lì che arriva a maturazione, è la commistione dei saperi, che non è solo un approccio volutamente interdisciplinare contro la parcellizzazione delle conoscenze, ma è lo scombussolamento di tutte le tassonomie – culturali, linguistiche, estetiche, psicologiche, antropologiche… – a favore di una continua ricomposizione di categorie apparentemente univoche che invece offrono prospettive inedite quando vengono sperimentalmente riassemblate. Ci sono più cose in cielo e in terra… Come suggerisce l’antropologo James C. Scott, per vedere le infinite possibilità ricombinatorie che offre l’esistente, basta smettere di guardarlo frontalmente, con lo sguardo semplificatore del dominio, e guardarlo invece di sbieco da varie angolature, con lo sguardo «multiverso» proprio dell’anarchismo.

C’è un ultimo aspetto di A.B. che va evidenziato in quanto esprime compiutamente la sua visione di «editore» (definizione ingessata che non avrebbe mai usato per descriversi). Ed è la ferma convinzione che qualsiasi iniziativa – politica, culturale, editoriale – debba resistere con tutte le sue forze alla deriva insita in ogni organizzazione sociale: la spinta a istituzionalizzarsi. Lo strumento non deve mai diventare il fine. Il progetto deve continuamente trovare conferma nelle relazioni con l’esterno e non sopravvivere per forza di inerzia. È – mutatis mutandis – l’autodissoluzione delle avanguardie proposta dal sociologo francese René Lourau, non a caso anche lui anarchico. E questa ossessione autodissolutoria (peraltro condivisa nei suoi aspetti meno perentori) la conosciamo bene noi di elèuthera, perché non passava anno – e stiamo parlando di un trentennio – in cui A.B. non ponesse con urgenza sul tappeto la possibile chiusura di questo progetto editoriale, sollecitando tutti a riflettere su una possibile degenerazione istituzionale, su una possibile deriva autoreferenziale. E ci dovevamo mettere dell’impegno per convincerlo.

E così siamo tornati al «noi», in questo caso a quel gruppo specifico che è il collettivo redazionale di elèuthera. È evidente – come si è detto all’inizio – che il percorso editoriale intrapreso da Amedeo Bertolo non è mai stata una traversata in solitario, ma è stata sempre una «navigazione a vista» (un’altra delle sue espressioni tipiche) fatta insieme a tanti altri. Nondimeno, qui abbiamo voluto parlare solo di A.B., perché senza di lui il «noi» eleutheriano di certo non ci sarebbe stato.

CCshare
Condividi il testo con le seguenti indicazioni: